IT18CR21ADD1

AS (2018) CR 21
Addendum 1

Versione provvisoria

SESSIONE ORDINARIA 2018

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(Terza parte)

ATTI

Della ventunesima seduta

Martedì 26 giugno 2018, ore 10.00

DISCORSI IN ITALIANO NON PRONUNCIATI

Laura PUPPATO (Italia, SOC / SOC)
(Doc. 14569)

Nel brevissimo tempo concesso per l’intervento intendo concentrare l’attenzione su due aspetti che mi paiono di prevalente rilevanza nella questione che ci vede coinvolti - (anche se da osservatori esterni) - rispetto alla situazione umanitaria che vivono i milioni di rifugiati, migranti e sfollati ospitati nei 4 Paesi geograficamente vicini alla Siria.

Il primo tema è l’emergenza infanzia. Dentro l’emergenza complessiva dei migranti fuggiti prevalentemente dalla Siria, ma anche da Palestina, Yemen, Iraq, Sudan e Somalia, data dal perdurare della loro precarissima situazione ospitati come sono in oltre 8 milioni in Turchia, Giordania, Libano, Egitto, vi è un’emergenza di cui si parla troppo poco e che va vista in tutte le sue implicazioni e conseguenze. Tra queste persone sfiancate, lontane dalla propria terra e spesso prive di prospettive, troviamo milioni di bambini e ragazzi nella condizione di privazione scolastica e formativa, talvolta persino lontano da persone a loro legate da affettività, dunque il caso dei minori è la più grave lacuna esistente nei campi profughi di quei paesi. Nonostante il Consiglio d’Europa abbia istituito il fondo MADAD principalmente con questo scopo, pure non si può accettare che poco meno della metà dei minori migrati non frequenti alcuna scuola, non abbia alcuna istruzione, compromettendo così la sua stessa vita e facendo ripiombare indietro l’orologio della storia, a quell’analfabetismo causa di mancanza di diritti e di futuro.

Altro tema rilevante è a mio avviso la mancata accettazione dei paesi ospitanti in tutto o in parte della Convenzione di Ginevra del ‘51 sui diritti del rifugiato. Tra le questioni infatti in essa contenute vi è il rispetto del migrante e l’impegno a non tradurlo nel paese d’origine o in altro, ugualmente carente di garanzie democratiche, laddove possa essere messa a repentaglio la sua vita. Nonché l’impegno a fornire vitto, alloggio e un trattamento umano per una vita dignitosa ai rifugiati. Non mi nascondo le spaventose, obiettive difficoltà che Paesi come il Libano, che ospitano rifugiati per circa la metà dei propri abitanti, possano trovare nel poter assumere impegni di tale cogenza, ma proprio questo dovrebbe spingere l’Europa che è la maggiore interessata al blocco delle migrazioni dalle terre a sud del Mediterraneo, a intervenire con maggiore efficacia per ridurre (non amplificare!) i conflitti anche attraverso la progressiva riduzione di vendita di armi e l’incremento invece, inversamente proporzionale allo sforzo per i continui armamenti, di accrescere una maggiore e più efficace cooperazione allo sviluppo equo e sostenibile di quei Paesi. Usiamo bene i nostri fondi condizionando aiuti e cooperazione alla nascita di stati democratici e negoziati per la pace.

Francesco Maria AMORUSO (Italia, GDL / FDG)
(Doc. 14569)

La situazione in Siria, in particolare nella dimensione umanitaria, è stata una delle principali preoccupazioni sin dall’inizio del conflitto. I movimenti della popolazione all’interno del paese e l’esodo verso le nazioni confinanti sono una tragedia umanitaria senza precedenti nella Regione Mediterranea. Le ultime statistiche ONU parlano chiaro: 5,6 milioni di rifugiati hanno lasciato il Paese, 6,6 milioni sfollati interni, 3 milioni rimangono in zone di operazioni militari. Parliamo di 13,1 milioni di persone che hanno bisogno di assistenza umanitaria in Siria. Per quanto riguarda i Paesi confinanti, il numero di rifugiati residenti, secondo l’ONU, è: Turchia 3,5 milioni; Libano 1 milione; Giordania 665 mila, Iraq 250 mila; Egitto 128 mila. Per la maggior parte di questi paesi, in proporzione alle loro popolazioni, l’onere umanitario è straordinario e difficile da sostenere. A ciò si aggiunge uno stress eccezionale non solo sulle economie, ma anche sul tessuto sociale, per la sua influenza sul mercato del lavoro, gli alloggi, l’istruzione, l’assistenza sanitaria e le relazioni inter-etniche.

Dobbiamo riconoscere il grande sforzo di questi paesi ed assisterli nella mobilitazione di risorse per sostenerli, attraverso l’ONU, e attraverso fonti dirette delle istituzioni europee e dei vari paesi del Consiglio d’Europa. Inoltre, non va dimenticato che molti rifugiati siriani continuano a fuggire verso l’Europa, alimentando canali di immigrazione irregolare, attraverso il Mediterraneo.

Il percorso per risolvere la questione siriana è anche politico. Dobbiamo mostrare la volontà di sostenere il processo di riconciliazione nazionale in Siria. Questo è l’unico modo per porre fine alla crisi che ha colpito milioni di persone.

Un esempio utile di quanto fatto anche da altre organizzazioni, come l’Assemblea Parlamentare del Mediterraneo. Alcuni anni fa è stata in grado di portare allo stesso tavolo parlamentari di diversi paesi europei, del Medio Oriente e del nord Africa, insieme a quelli di Russia e della Siria. Attraverso questo sforzo di diplomazia parlamentare è stata in grado di allertare i parlamentari siriani sui problemi di accesso umanitario da parte delle Nazioni Unite e quindi riuscire a facilitare l’erogazione della necessaria assistenza umanitaria alle popolazioni del Paese, in particolare della zona di Aleppo.

Sono passati sette anni da quando è iniziata questa guerra, e come cittadino europeo mi rammarico molto perché l’Ue non è stata in grado di realizzare una politica coerente per affrontare sia la crisi umanitaria, collegata ai movimenti di massa, sia per quanto riguarda il processo di riconciliazione in Siria.